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ROMA: OTTIMO POSDIZIONAMENTO DELL’UNIVERSITÀ SAPIENZA

ROMA: APPRENSIONE PER LE STUDENTESSE AFGHANE (video)

Un traguardo che conferisce grande soddisfazione, Sapienza è la migliore università italiana secondo la classifica mondiale elaborata dal Center for World University Rankings confermando la 113esima posizione a livello mondiale e guadagnando la 37esima a livello europeo (+1 rispetto allo scorso anno). La conferma arriva dopo il riconoscimento di Sapienza leader mondiale negli studi classici nella classifica Qs. In Italia dopo Sapienza si collocano Padova (170esima), Milano (179) e Bologna (181). 20mila gli atenei censiti. 

Il primato italiano di Sapienza è una conferma prestigiosa e significativa, ottenuta in un ranking elaborato sulla base di solidi criteri oggettivi, spiega la rettrice Antonella Polimeni, anche in questo ambito, come già in altre classifiche internazionali, sia generali sia specifiche per singole discipline, l’ateneo migliora le valutazioni nei principali indicatori considerati: un riconoscimento dell’eccellenza e del lavoro di tutta la nostra comunità.

La classifica, che elenca le prime 2.000 università internazionali su circa 20mila scrutinate, è basata su 4 indicatori: qualità dell’istruzione, l’occupabilità, la qualità della facoltà e la ricerca delle università di tutto il mondo. In Italia al quinto posto dopo l’università di Bologna, si colloca l’Università di Torino, al sesto la Federico II di Napoli, al settimo l’Università di Firenze. Sebbene i risultati delle classifiche di quest’anno mostrino che l’Italia ha un buon sistema di istruzione superiore, ulteriori finanziamenti dovrebbero essere investiti nell’istruzione e nella ricerca se il Paese aspira ad aumentare la propria competitività sulla scena globale. Poiché la ricerca è un fattore chiave per valutare le prestazioni delle istituzioni nazionali, rispetto ai colleghi di tutto il mondo le università italiane avranno sempre più difficoltà a competere in futuro con le università d’élite ad alta intensità di ricerca se il governo non aumenta la spesa per la ricerca scientifica.

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