Il clan dei Casamonica è una struttura criminale di stampo mafioso. E’ quanto ha sancito la Cassazione nell’ambito del maxiprocesso a carico di una trentina di persone, tra cui anche i vertici della famiglia. Proprio nei confronti di alcuni boss la Suprema Corte ha anche riconosciuto l’aggravante della natura “armata del sodalizio”, disponendo quindi il processo di appello bis per la rideterminazione della pena. Nei confronti di alcune posizione minori è, invece, venuta meno l’aggravante di avere agito nell’interesse del clan. La Cassazione ha inoltre confermato l’esistenza di una associazione parallela dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, con funzione agevolatrice della associazione mafiosa. Regge quindi anche al vaglio della Suprema Corte l’impianto accusatorio dei pm della Dda di piazzale Clodio poi ribadito nella sentenza di secondo grado nel novembre del 2022. Nei confronti degli imputati le accuse sono, a seconda delle posizioni, di associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all’estorsione, l’usura alla detenzione illegale di armi. Nel corso del primo processo di appello le condanne più alte furono inflitte ai vertici dell’organizzazione e, in particolare, a Domenico (30 anni), Massimiliano (28 anni e 10 mesi), Pasquale (24 anni), Salvatore (26 anni e 2 mesi), Ottavio (17 anni), Giuseppe (16 anni e 2 mesi), Guerrino (16 anni e 2), Liliana (15 anni e 8 mesi) e Luciano Casamonica (13 anni e 9 mesi). Nel corso della requisitoria i rappresentanti dell’accusa avevano affermato che “l’indagine della procura di Roma ha posto fine allo strapotere dei Casamonica. Un clan da anni a braccetto con Banda della Magliana e poteri forti della capitale con una forza di intimidazione impressionante”. Una galassia, secondo i pm, peculiare struttura dell’organizzazione che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c’è ‘bisogno”. Già il 24 novembre scorso la Suprema Corte aveva confermato la condanna per 416bis agli imputati dell’inchiesta “Noi proteggiamo Roma” che avevano scelto il rito abbreviato. Adesso un’altra condanna definitiva per il gruppo smantellato con le inchieste Gramigna e Gramigna bis.