I lavoratori dipendenti del settore privato del Nord lavorano quasi 2 mesi in più all’anno dei colleghi del Sud e, alla luce di ciò, i primi percepiscono una retribuzione giornaliera del 34 per cento più alta dei secondi.
Questo vuol dire che nel settentrione gli impiegati e gli operai sono degli stacanovisti e quelli del meridione degli scansafatiche? Assolutamente no. Sul tema interviene la Cgia. Le ore lavorate irregolarmente non possono essere incluse nelle statistiche ufficiali. Altresì, la concorrenza sleale praticata dalle realtà completamente o in parte sconosciute al fisco e all’Inps mantengono, nei settori in cui operano, molto basse le retribuzioni previste dai CCNL. Se, infatti, queste ultime salissero anche di poco, molte imprese regolari subirebbero un incremento dei costi che, probabilmente, le farebbe scivolare fuori mercato.
È necessario aumentare per contratto gli stipendi dei livelli di inquadramento inferiori, ma il vero problema è la diffusione del sommerso che rende l’occupazione del Mezzogiorno fragile e povera. Secondo sempre la Cgia nel Lazio gli occupati non regolari sono 384.300 con un tasso di irregolarità pari al 14,3% mentre in Campania 332.300 con un tasso pari al 17,9%. Insomma, se non si incomincia a contrastare efficacemente il lavoro irregolare, il divario Nord-Sud è destinato ad aumentare, danneggiando tutto il Paese.